Disturbo post-traumatico da stress

Disturbo post-traumatico da stress

Disturbo post-traumatico da stress

Nessun commento su Disturbo post-traumatico da stress

DISTURBI CORRELATI A EVENTI TRAUMATICI STRESSANTI E DISTURBI DISSOCIATIVI

Introduzione

I clinici negli ultimi anni hanno dato maggiore importanza a come la realtà incide nella costruzione della vita psichica, ciò in particolare è accaduto nel mondo psicoanalitico.
Anche per questo nella compilazione del DSM V è stata definita una categoria diagnostica denominata disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti e disturbi dissociativi distinta dai disturbi d’ansia.
Il trauma è un’esperienza comune (90% della popolazione) ma solo il 6,8% presenta i sintomi di disturbo post traumatico da stress.

DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS

Per la diagnosi del disturbo post-traumatico da stress è innanzi tutto necessario che la persona abbia vissuto, assistito o si sia confrontata con un evento traumatico che ha implicato la morte o la minaccia di morte o gravi lesioni o una minaccia all’integrità fisica propria o altrui, e che la persona abbia reagito all’evento con intensa paura, sentimenti d’impotenza o di orrore (nei bambini questi ultimi sintomi possono essere espressi con comportamento disorganizzato).

Successivamente l’evento traumatico viene rivissuto persistentemente attraverso una o più dei seguenti modi: 1) ricordi ricorrenti ed intrusivi dell’evento (nei bambini posso presentarsi giochi ripetitivi che presentano aspetti legati al trauma); 2) sogni spiacevoli ricorrenti legati al trauma; 3) sensazione di rivivere l’evento traumatico tramite allucinazioni, illusioni, o episodi dissociativi di flashback; 4) intenso disagio all’esposizione di stimoli che ricordano anche simbolicamente l’evento traumatico; 5) aumentata reattività fisiologica all’esposizione a stimoli che possono essere associati anche solo simbolicamente all’evento traumatico.

Il disturbo é caratterizzato inoltre dall’evitamento persistente degli stimoli associati al trauma.
Descritto già all’inizio del secolo scorso durante la prima guerra mondiale, il disturbo post-traumatico da stress è stato introdotto come categoria diagnostica a seguito dell’evidenza dei gravi postumi psicologici riscontrati in molti reduci della guerra del Vietnam. La definizione diagnostica del disturbo richiama subito l’attenzione sulla sua causa, un evento traumatico di notevole intensità (morte, minaccia di morte, gravi lesioni, minaccia fisica), che ha coinvolto direttamente la persona come vittima o come osservatore; evento di fronte al quale la persona si è sentita impotente e che ha comportato una immediata reazione emotiva di paura ed orrore, e a cui segue, per un tempo superiore al mese, un corredo sintomatologico  caratterizzato dall’oscillazione fra il rivivere con persistenza l’evento tramite ricordi, incubi e flashback, il persistente mantenimento di uno stato d’allerta, e all’opposto il tentativo di dimenticare l’evento o almeno attenuare la percezione delle proprie emozioni.

Questa definizione dà particolare rilievo alla gravità dello stress, ma tiene conto solo in parte dei fattori soggettivi quando parla della reazione immediata di intensa paura e di orrore e senso d’impotenza, non considerando a sufficienza altri fattori individuali, che dovrebbero spiegare il fatto che non tutte le persone che hanno subito o assistito ad un evento traumatico del tipo considerato dalla diagnosi sviluppano il disturbo. Si tratta di una scelta atta ad evitare che nelle cause di risarcimento la responsabilità del disagio psicologico venisse attribuita a difetti di carattere della persona e non al trauma subito. Varie ricerche hanno comunque indagato sui fattori individuali predisponenti o facilitanti e sull’importanza del significato soggettivo con cui si vive l’evento, fermo restando che al crescere della gravità dell’evento traumatico, del tempo di esposizione, e dell’intensità della reazione psicologica immediata, aumenta la probabilità di comparsa del disturbo. Fra i fattori individuali predisponenti e facilitanti è stata richiamata l’attenzione sull’appartenenza al sesso femminile, sulla familiarità o la presenza di qualche disturbo psicologico, su esperienze negative o traumatiche nell’infanzia, sulla compromissione del sistema di supporto sociale, sulla tendenza ad assumersi la responsabilità per gli eventi negativi, sulla tendenza a percepire il locus of control come esterno e a adottare strategie di coping centrate sul controllo delle emozioni.

I clinici di orientamento psicoanalitico spiegano la sintomatologia del disturbo con l’oscillazione fra il tentativo di rimuovere il trauma o attenuarne l’impatto emotivo con i meccanismi di difesa della dissociazione e dell’evitamento, che però impediscono l’elaborazione dell’evento, e la coazione a ripetere, intesa come tentativo di integrare l’evento e le emozioni da esso prodotte nelle preesistenti convinzioni su di sé e sul mondo.
La teoria dell’apprendimento spiega il disturbo con un processo di condizionamento classico della paura conseguente all’associazione fra l’evento traumatico e stimoli neutri e con un successivo condizionamento operante all’evitamento con rinforzo positivo determinato dalla riduzione dell’ansia.
I clinici di orientamento cognitivista danno rilievo alle conseguenze del senso di perdita di controllo e di ineluttabilità provocate dall’evento traumatico.

Indicazioni terapeutiche

Il trattamento psicoterapico deve essere personalizzato; si sono rivelate utili sia la terapia psicodinamica, sia l’ipnoterapia sia la desensibilizzazione sistematica ma su aspetti differenti della sintomatologia.

Back to Top