L’invasione dell’alieno Covid-19
L’invasione dell’alieno Covid-19
4 Giugno 2020 Nessun commento su L’invasione dell’alieno Covid-19Effetti psicologici della Pandemia: Tempi lenti, tempi strani eppure sani
Psicologicamente ci riporta a essere bambini, impotenti dinanzi al mondo: come bambini che si trovano costretti a cambiare casa, a lasciare gli amici, la loro città e trovarsi catapultati in un altro mondo.
Il virus è un nemico invisibile, lui ha il potere di penetrare nel nostro corpo a nostra insaputa e di impossessarsi di noi, egli evidenzia la nostra assoluta impotenza. Psicologicamente questa esperienza ci riporta a essere dei bambini, impotenti dinanzi al mondo; soprattutto ci riporta a quelle esperienze nelle quali ci siamo sentiti bambini; esperienze che, partendo dalla nostra infanzia, possiamo rintracciare, via via, nelle diverse fasi della nostra vita. Immaginate un bambino o una bambina che si trovano costretti a cambiare casa, a lasciare gli amici, a lasciare la loro città e si trovano catapultati in un altro mondo. Immaginate il dolore e la rabbia ma al contempo lo smarrimento per sentirsi divisi da ciò che gli è più caro.
Avevamo costruito un mondo fato di legami con i nostri paesaggi, i profumi, con la casa, le strade, la città, gli amici, un mondo che ora dobbiamo abbandonare. Non tutti sono costretti a cambiamenti così repentini, ma pensate a chi ha avuto una fase di vita nella quale è stata costretta a una malattia; quindi si è trovato a dover sospendere la vita precedente. Un dissesto finanziario in famiglia, una separazione dei genitori; sono tutte esperienze traumatiche, e ce ne sono tante altre, che ci costringono a mettere in campo una serie di strategie difensive.
Un eccesso di esperienza emotiva
È come se dovessimo ingoiare una quantità di cibo superiore al normale: possiamo ingoiare 150 gr di pasta anziché 100 ma non possiamo ingurgitare 1.500
Gli studiosi ci dicono che il trauma è come un eccesso di esperienza emotiva, la persona, ancor più se bambina, è costretta a frammentare quell’emozione per poterla digerire. È come se dovessimo ingoiare una quantità di cibo superiore al normale, non possiamo farcela, possiamo ingoiare 150 gr di pasta anziché 100 gr ma non possiamo ingurgitare 1500 gr di pasta, sarebbe troppo, non possiamo.
Allora la mente cosa fa? Può spezzettarla per poterla digerire, per poterla contenere ma se la quantità è eccessiva allora la mente deve scindersi; il meccanismo è denominato dai tecnici “dissociazione”. Questo meccanismo ha diversi gradi, il più estremo darà vita al fenomeno delle personalità multiple ma la maggior parte di noi possono avere livelli più semplici di dissociazione che non intaccano significativamente la nostra vita quotidiana. È bene ricordare che i meccanismi di difesa si chiamano così perché hanno lo scopo di difendere la mente quindi sono, entro un certo grado, positivi.
Questo meccanismo di difesa ha quindi la funzione di difenderci dall’intrusione di un corpo estraneo. Un corpo estraneo può essere un virus, cioè un elemento biologico, ma la mente si difende anche da corpi estranei; qui le cose si complicano.
La risposta della nostra mente secondo gli schemi relazionali
La risposta che abbiamo può essere condizionata dalle nostre esperienze passate relazionali con “corpi estranei":anche un genitore, seppure sia un familiare, lo è.
La nostra mente è costituita da un insieme di schemi relazionali costruiti dalle relazioni che il bambino intesse con i genitori o le figure in loco parentis. È come se nella nostra mente noi avessimo un insieme di schemi relazionali Genitore/ Bambino. Queste presenze a volte possono essere percepite come dei corpi estranei, come delle presenze persecutorie come qualcosa, o meglio qualcuno, che ci condiziona contro la nostra volontà. Oppure possono essere delle presenze che percepiamo come un sostegno, come una presenza calda e solida. Pertanto noi abbiamo già fatto, ognuno a un livello differente, esperienza della presenza di “qualcosa” dentro di noi. Ne discende che la risposta che noi abbiamo, nei casi come quello attuale della pandemia, può essere condizionata dalle nostre esperienze passate relazionali con corpi estranei. Pensiamo per un attimo che il corpo di un genitore, per quanto familiare, è un corpo estraneo al nostro.
Passiamo ora ad esaminare questa dimensione intrapsichica da un altro punto di vista e ad integrarla con la dimensione interpersonale e sociale.
Le possibili reazioni al trauma
Possiamo dire che la pandemia è paragonabile, psicologicamente, ad un trauma. Siamo stati catapultati immediatamente e senza che ne avessimo la benché minima idea in un altro spazio-tempo.
Come si manifesta l’esperienza dell’essere invasi? Come si traduce l’esperienza e la modalità intrapsichica nella modalità interpersonale?
Etimologicamente pandemia significa “di tutto il popolo”; una “Epidemia con tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere rapidamente vastissimi territorî e continenti” (fonte: Treccani).
Possiamo dire che la pandemia è paragonabile, psicologicamente, ad un trauma. Noi siamo stati catapultati, da un momento ad un altro, immediatamente e senza che ne avessimo la benché minima idea, in un altro spazio-tempo. La nostra vita quotidiana è stata radicalmente modificata; siamo dinanzi ad un evento traumatico.
Come reagisce l’essere umano dinanzi al trauma?
Alcune possibili reazioni possono essere le seguenti:
NEGAZIONE – Inizialmente negazione del problema: pensiamo al fatto che dopo le prime informazioni abbiamo continuato a vivere come prima.
Chi aveva paura di socializzare ha trovato nel rimanere a casa una via di fuga eccezionale e oggi fatica a rientrare alla normalità.
PAURA – Poi le autorità ci hanno allertato e l’emozione primaria è stata, e in parte continua ad essere, la paura. La paura per sua natura ha la funzione di bloccarci per valutare il pericolo al fine di elaborare la strategia di comportamento più adattiva; la modalità di funzionamento mentale, nel caso di una forte paura, è attacco-fuga. Infatti noi abbiamo scelto di chiuderci in casa per difenderci dal nemico.
Molti si sono ben adattati e hanno rinforzato l’atteggiamento di chiusura che avevano già precedentemente. Immaginate chi aveva paura di socializzare, incontrare i colleghi di lavoro; ha trovato nel rimanere a casa una via di fuga eccezionale e oggi fatica a rientrare alla normalità.
DESIDERIO DI SOCIALITA’ – Altri invece non vedono l’ora di uscir fuori di casa perché la solitudine, o la convivenza forzata, è stata insopportabile.
È come se andassimo a rallentatore. La vita frenetica era altro rispetto a questi tempi lenti a tal punto da farci sentire non più noi stessi
RALLENTAMENTO DEI RITMI DI VITA – Ma la maggior parte di noi, dopo una iniziale difficoltà a tollerare lo stare da soli, siamo stati costretti a cambiare i tempi di lavoro, siamo entrati in contatto con dei tempi più lenti e più in sintonia con la nostra natura biologica. Abbiamo preso consapevolezza che i ritmi di vita che sosteniamo sono alterati, infatti abbiamo attraversato una fase nella quale abbiamo sperimentato una sorta di confusione, un’alterazione nella percezione della realtà. È come se andassimo a rallentatore. Non ci riconoscevamo in questa nuova percezione della realtà; la vita frenetica, piena di “cose da fare e di gente da vedere” era altro rispetto a questi tempi lenti a tal punto da farci sentire non più noi stessi – come se stessimo percependo una perdita di identità.
Chi non ha sopportato il blocco ha continuato a “produrre”: il fare è un buon antidoto all’angoscia esistenziale.
LA “TERAPIA" DEL FARE – Altri invece non hanno assolutamente sopportato il blocco e hanno continuato a “produrre”; l’angoscia con la quale dovevano entrare in contatto sarebbe stata per loro intollerabile. Il fare è un buon antidoto all’angoscia esistenziale.
In conclusione…
Il trauma di solito si innesta su un terreno, la nostra personalità che è il frutto della nostra storia. Il trauma può riattivare, può riaprire vecchie ferite, vecchie modalità di funzionamento mentale, quelle che avevamo da bambini.
Attiva delle modalità di funzionamento mentale arcaico: Attacco fuga, Dipendenza.
Come Freud ci ha insegnato: in questi momenti le folle hanno paura, cercano un nemico sul quale proiettare la propria aggressività e così rinsaldare i legami all’interno del gruppo e al contempo delegano al leader la possibilità di salvezza.
Infatti: i nemici diventano i cinesi, il capo è il nostro presidente del consiglio, tra noi cittadini abbiamo riscoperto il valore della solidarietà, i nostri eroi sono i medici e gli infermieri.
Quando tutto questo sarà terminato, torneremo come prima.